I PRIMI CINQUANT’ANNI DEL TREBBIANO D’ABRUZZO DOC
Applausi a un grande vino bianco italiano, il Trebbiano d’Abruzzo. Compie infatti 50 anni in questo 2022 di ripresa del mercato del vino, dopo le battute di arresto segnate dalla pandemia e dalla guerra, una Doc fondamentale per la Regione verde d’Europa. È trascorso mezzo secolo dalla istituzione della denominazione di origine controllata del Trebbiano d’Abruzzo, Doc istituita nel 1972 che, nel tempo, ha sempre dovuto combattere per l’affermazione di una identità molto più valida e risalente di quanto mercato e immaginario enoico ci hanno fatto credere in questi ultimi tempi. Sono radici profonde d’altra parte quelle del Trebbiano di casa nostra, bianco abruzzese per eccellenza, che nella sua storica denominazione regionale, al pari del Montepulciano rappresenta un vanto enologico per l’intera regione. Perfetto contraltare bianco al rosso principe dell’Abruzzo, dimostra come, nel corso dei decenni, ha saputo affermarsi in molti casi produttivi come bianco di altissimo livello. E testimonia poi come sia già segnata la strada per un futuro di decantabile qualità, di un vino, il Trebbiano d’Abruzzo Doc, considerato ingiustamente modesto in anni ormai fortunatamente passati. Un vino che ha dovuto anche reggere al sorpasso, nella fama e diffusione commerciale più recente, effettuato dal rapido exploit nazionale ed estero del bianco cadetto dell’Abruzzo, il Pecorino. Eppure il Trebbiano non vuole cedere il passo e sono maturi i tempi, anche nei nuovi disegni di molti produttori, di rilanciarlo. Come un elegante signore di una certa età, d’altronde, forte della sua storia, delle sue origini, il Trebbiano d’Abruzzo sa sempre tornare a far parlare di sé. E, quando vuole, sa ben stupire. Se ne è accorto chi ha avuto la fortuna di degustare un Trebbiano di Valentini del 1973, integro e strepitoso dopo quasi cinquant’anni dalla vendemmia! È un notevole esempio, anzi, una puntuale, eloquente testimonianza al calice di come, nel tempo, la Doc Trebbiano d’Abruzzo abbia saputo lasciare un segno, memorabile. Una Doc strettamente abruzzese eppure così tanto meritevole di sempre più attenzione e divulgazione in un panorama italiano e internazionale.

Quando nasce il Trebbiano d’Abruzzo? Come denominazione di origine controllata, abbiamo detto, nel 1972, sulla scia del combattuto riconoscimento della Doc Montepulciano nel 1968 e grazie all’accordo delle camere di commercio abruzzesi, con la Camera di Commercio di Pescara, presieduta da Giustino De Cecco, a fare da capofila. Fu fondamentale allora, come già per il Montepulciano, l’impegno e la relazione storica e tecnica di Edoardo Valentini, produttore modello, in quegli anni vicepresidente dell’Unione Agricoltori per la provincia di Pescara. C’erano poi a sostenere con le proprie professionalità e i propri ruoli il riconoscimento della Doc presso il Ministero, il Dott. Zeno Tomassini dell’Ispettorato Agrario per l’Abruzzo, l’enotecnico Carmine Festa e alcuni produttori storici di Trebbiano come il barone Piero Cornacchia che ha ricordato come in qualche modo il riconoscimento della Doc fu totalmente condiviso, quasi automatico, come a dare per scontato che, una volta elevato a Doc il Montepulciano, il fratello Trebbiano non poteva essere da meno, perché rappresentava a pieno titolo il bianco con cui l’Abruzzo si presentava alla buona società del vino, italiana ed estera. Le uve, i vini Trebbiano meritavano senza dubbio la Doc. Quell’uva infatti, già nel 1879, veniva distinta in Abruzzo – in particolare nella provincia di Teramo – fra Trebbiano piccolo e grande, atto a fare ottimo vino, censito con consenso anche nel Bullettino Ampelografico del Ministero dell’Agricoltura grazie all’impegno (e all’invio dei campioni) del Dottor Domenico Coppa Zuccari di Città Sant’Angelo. Lo meritava, eccome, un vino che già nel 1885 veniva esportato da Montesilvano in Germania, un prodotto molto gradito dai consumatori tedeschi con il nome di Goldtrauben, uva d’oro! Un vino venduto e goduto già a inizio Novecento con una propria precisa identità, erano quelli gli anni in cui venivano immesse sul mercato le etichette di Trebbiano di Lodovico Arlini di Atri, ovvero la prima etichetta ad oggi conosciuta in cui compare regolarmente la dicitura “Trebbiano” a bella posta su carta a stampa, correva l’anno 1909! Ma il Trebbiano d’Abruzzo, di storie ne ha da raccontare, memorie che percorrono in lungo e in largo il territorio abruzzese, fra le quattro province, dalle valli di montagna ai vigneti di costa. Basta attingere qua e là, fra i libri e i documenti, per veder spuntare le antiche produzioni otto-novecentesche di Trebbiano: da Leopoldo Muzii e Nestore Bosco di Castellammare Adriatico al senatore Devincenzi di Notaresco, dai Pietrantonj di Vittorito ai Galli Zugaro di Corfinio, fino ai Valentini e Casamarte Treccia di Loreto Aprutino, per citarne alcuni. «Vini sottili, sapidi, di gradito profumo, di discreta alcolicità e conservabili» scrive D’Annibale nel 1921, riferendosi ai Trebbiano locali in un saggio sulla ricostituzione dei vigneti fillosserati in Montesilvano (allora provincia teramana).

Insomma siamo di fronte a un vino storico e, è il caso di dire, ad un vino di razza, quando approcciamo il Trebbiano d’Abruzzo Doc, il quale anche sotto l’aspetto produttivo nasconde alcune complessità, tipiche, si potrebbe sottolineare, dovendo per onore e rispetto del dettato tradizionale, parlare di uve Trebbiano al plurale. E non è assolutamente una nota di demerito, anzi. Il vino a Doc Trebbiano d’Abruzzo è d’altra parte – storicamente – frutto di una e più varietà viticole, vitigni anzitutto parenti. È ottenuto dalla vinificazione di uve da secoli allevate in Abruzzo e figlie della grande famiglia dei Trebbiano: da quello Abruzzese (o Campolese) al cosiddetto Trebbiano di Teramo (Passerina o Bombino Bianco) fino al Trebbiano Toscano, nonché in concorrenza con altre uve bianche come Malvasia o Cococciola, per tradizione presenti nei vigneti di Trebbiano, sempre un po’ promiscui nei cloni e nei vitigni quelli più datati, ad alberello prima, pergola poi e anche spalliera più tardi.

La Doc, si è scritto, è di mezzo secolo fa. Ma i secoli che ci separano oggi dalle uve e dai vini Trebbiano prodotti nel tempo in Abruzzo sono molti di più. Se Plinio nella Storia Naturale suggestiona sull’origine (anche) del nostro Trebbiano con le viti “trebulanus”, è Andrea Bacci in un trattato del 1596 che dà la prima notizia sulla presenza del Trebbiano in Abruzzo: nei possedimenti dei Colonna intorno al lago del Fucino, nella vetusta terra della Marsica, una porzione della regione che oggi associamo con difficoltà alla vitivinicoltura! Nel Settecento frate Bernardo Valera ha a cuore i vini bianchi di Castellammare, noti nei Tre Abruzzi, e più in là di queste uve Trebbiano ne scrivono il barone Giuseppe Durini (1820) e l’agronomo Giuseppe Sebastiani (1876), facendo emergere i sinonimi di Buonvino o Camplese, molto coltivati nelle valli del Tirino e Subequana, come dimostrano anche documenti notarili dell’area sulmonese. Ed è appena un accenno alle tante informazioni che si leggono fra archivi, libri d’epoca e tramandate memorie. Tutti elementi di una storia antica, di cui la nostra regione può andare fiera, elementi a fondamento di un vino che nei secoli ha saputo farsi strada con la propria sobria e autentica identità. In Abruzzo e ben oltre.
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